Il primo punto su cui porre la nostra attenzione è il tradizionale dilemma legato alla sua modalità d’uso.
Conviene impiegarlo crudo o cotto? E cosa cambia in un piatto con l’una o l’altra modalità?

Per esprimere una valutazione “scientifica” sulla questione possiamo fare riferimento a due aspetti fondamentali che caratterizzano la qualità dell’olio extravergine: quello nutrizionale e quello sensoriale. Per quanto riguarda il primo aspetto, dovremmo fare in modo da preservare nel piatto finito il massimo contenuto originario di antiossidanti dell’olio e la minore degradazione termo-ossidativa subita dagli altri componenti nobili degli ingredienti durante la cottura. Per quanto riguarda il secondo, dovremmo invece (ovviamente) garantire la massima (o la giusta) intensità dei profumi ed aromi gradevoli.

L’uso a crudo dell’olio extravergine ne esalta certamente il carattere di “profumo alimentare” e massimizza il contenuto dei suoi componenti bioattivi e benefici di cui si è parlato in precedenza. Queste sostanze possono perdersi in parte o del tutto con la cottura, soprattutto se prolungata, o, come vedremo, interagire con gli altri ingredienti o componenti della pietanza. Nell’uso a crudo l’olio presenta anche il massimo del suo carattere amaro-piccante che tende invece a ridursi durante la cottura. Vi è infatti una forte interazione dei fenoli amari dell’olio con gli altri componenti nel corso della cottura, soprattutto se effettuata in un ambiente acquoso acido (ad esempio un succo di pomodoro) o a contatto con latte e prodotti derivati del latte.

In pentola avvengono:

a) fenomeni fisici a carico dei fenoli amari, che migrano dall’olio alla fase acquosa, soprattutto se vi è il riscaldamento del sistema,
b) fenomeni chimici come l’idrolisi dei fenoli complessi (agliconi), soprattutto in ambiente
acido o durante la cottura in ambiente acquoso, con perdita del carattere amaro

Una reazione specifica di alcune sostanze dell’olio con altri ingredienti è poi la formazione di addotti con le proteine del latte (caseine, lattoglobulina). A contatto con formaggio o con ricotta, i componenti amari dell’olio si legano in modo stabile alla componente proteica, perdendo la propria carica amara. Un fenomeno simile avviane anche per alcune sostanze volatili piccanti o pungenti presenti nell’olio (aldeidi). Anche per queste sostanze si verifica una reazione di “inertizzazione” a contatto con matrici proteiche. La cottura, quindi, può significativamente ammorbidire l’aggressività di un olio extravergine,proprio grazie a queste reazioni che avvengono progressivamente durante il trattamento termico. L’olio extravergine cotto, allora, oltre a poter perdere o attenuare il carattere amaro, perde anche le sue proprietà antiossidanti.

Solo in parte. Gli antiossidanti insieme ad altri ingredienti dell’olio fungono da scudo contro l’ossigeno dell’aria durante la cottura e tendono a migrare dall’olio verso l’acqua. In tale azione gli antiossidanti dell’olio si modificano in maniera progressiva e continuano ad esplicare fino ad esaurimento l’azione protettiva contro l’ossigeno ed i radicali liberi. Ne consegue che, a seguito di cottura, si può registrare solo un parziale consumo di antiossidanti dell’olio extravergine con riduzione della degradazione a carico di altri componenti della pietanza in cottura. Parallelamente si osserva un’intensa interazione tra proteine, aromi e fenoli dell’olio (che, come visto in precedenza, possono essere intrappolati o mascherati dalle proteine) ed una perdita degli odori per evaporazione od ossidazione. Alla fine della cottura non ritroveremo nell’alimento cotto gli aromi fragranti, erbacei, fruttati dell’olio fresco impiegato, ma odori attenuati, diversi ed, in relazione al tipo di cottura e degli ingredienti in cottura, una riduzione più o meno pronunciata delle sensazioni amare e piccanti.

Ovviamente, in un alimento cotto l’aroma finale non è la sommatoria degli aromi dei singoli ingredienti crudi. A caldo si verificano una miriade di reazioni chimiche (ossidazioni, idrolisi, reazione di Maillard, etc.) a carico dei diversi componenti della pietanza (carboidrati, proteine, olio, etc.) con formazione di nuovi aromi. Al termine della cottura non sempre è possibile scomporre il profumo complessivo ed individuare il contributo apportato da ciascun ingrediente sul prodotto finito. Lo sappiamo tutti: la cucina è un po’ un’alchimia! E l’olio con la sua presenza può contribuire anche alla formazione di nuovi aromi, oltre che apportare i suoi aromi originari. Ma, di fatto, nella cottura prolungata quasi sempre l’intensità del profumo originario dell’olio è fortemente attenuata a fine cottura, soprattutto se prolungata. L’olio extravergine ha quindi svariate funzioni durante la cottura: un’ azione antiossidante, un apporto di aromi, una fonte di nuovi aromi e sapori. Nella cottura prolungata, tuttavia, perdiamo quasi tutte le fragranze aromatiche originarie, il carattere erbaceo, l’amaro, il pungente, l’odore di oliva o di foglia che percepiamo in molti extravergini freschi. Soprattutto alcuni componenti aromatici più volatili (esteri) si perdono facilmente in cottura.

Durante la cottura l’olio solubilizza anche molti degli aromi presenti negli altri ingredienti, contribuisce a formare la crosta in alcune modalità di cottura (frittura, stufatura, soffrittura) e nelle emulsioni olio-acqua, come ad esempio alcune salse, contribuisce alla particolare viscosità-cremosità del prodotto. Per tutti questi motivi molti impiegano l’olio extravergine solo in parte dall’inizio della cottura, aggiungendone un filo a fine cottura o direttamente sul piatto. Spesso senza sapere bene quello che succede,ma semplicemente per esperienza o per spirito di osservazione. Quindi, anche se tutto dipende dal tipo di piatto che stiamo preparando, possiamo affermare che l’extravergine va usato … sia a crudo che a cotto!

*Rielaborazione testi da Essenze di Extravergine

L’OLIO EXTRA VERGINE DI OLIVA

Si consuma sempre più olio extra vergine di oliva. L’UE assorbe il 63% di tutta la produzione dell’Unione Europea; ma cresce anche il bisogno di conoscenza del prodotto di alta qualità.

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